A circa due mesi dall’inaugurazione del Giubileo il tema di Roma accessibile, accogliente e inclusiva per tutti, persone anziane e disabili, appare a noi cittadini ancora un traguardo difficile da raggiungere e di una complessità perfino scoraggiante.
Ma volendo rimanere ottimisti, sia pure consapevoli della difficile situazione politica che vive oggi la nostra città, riteniamo non sia troppo tardi per rimboccarsi le maniche e quanto meno iniziare un percorso di rinnovamento.
Posto che l’inclusione non è soltanto un fatto etico, ma un valore sociale ed economico, vorrei richiamare l’attenzione su iniziative e progetti vincenti che sono stati realizzati in altre città italiane ed europee, che prima di Roma hanno perseguito l’obiettivo di distinguersi come città senza barriere.
Progetti, dunque, non chimere, che possono essere presi come spunto e viatico esperienziale, e quindi buone pratiche da replicare, magari con qualche aggiustamento.
Bisognerà intanto distinguere tra quel che si può fare in tempi brevi, avendo come traguardo temporale l’evento giubilare, da quello che potrà essere fatto con una programmazione di più lungo respiro, per avere come risultato una città più accogliente ed accessibile nei prossimi anni.
Anzi tutto, occorre valorizzare le risorse esistenti
Fotografare la situazione attuale, inventariare gli spazi e i servizi accessibili già esistenti e mettere a disposizione del pubblico queste informazioni, dovrebbe essere il primo passo.
Mi riferisco, ad esempio, all’accessibilità dei sistemi di trasporto pubblico, dagli autobus di linea ai taxi. Ai servizi igienici e ai parcheggi, ma anche ai luoghi della cultura. Le informazioni già disponibili vanno organizzate e messe a sistema.
Fatto questo, si passa all’individuazione degli itinerari accessibili, che in prima istanza dovrebbero coincidere con quelli giubilari, includendo quindi i luoghi di culto, come chiese e basiliche.
Il “mettere a disposizione” significa creare un sistema di comunicazione e di informazione aggiornato ed aggiornabile in tempo reale, indispensabile per agevolare gli utenti nella conoscenza delle diverse accessibilità esistenti (tenuto conto delle diverse situazioni di disabilità e diversità umane), quindi esso stesso accessibile ed adattabile in base alla diversità dei mezzi di comunicazione e delle lingue.
Questo primo approccio potrebbe equivalere a vedere il classico “bicchiere mezzo pieno”.
Monitoraggio e programmazione
E’ bene precisare che per rendere una città accessibile non servono progetti isolati bensì un piano organico e coordinato, il cui nome può anche non essere importante in questa fase. In alcune città italiane si chiama P.E.B.A. (piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), in altre Piano per l’Accessibilità, mentre in altri paesi europei si possono trovare anche altre definizioni. Ciò che conta è che si tratti di un insieme coordinato di azioni finalizzate a migliorare le condizioni di accessibilità di una città in funzione della diversità dei suoi abitanti, delle diverse forme di disabilità e del tasso di incremento della popolazione anziana.
Per fare questo serve fotografare la realtà in negativo analizzando quello che potremmo definire “il bicchiere mezzo vuoto”, cioè le carenze e le criticità esistenti, per poi travasare il tutto nella progettazione olistica delle soluzioni e programmarne la realizzazione.
Anche per questo è necessario avere le idee ben chiare su cosa fare, come farlo, tempi di realizzo e risorse finanziarie e umane da mettere a disposizione.
Solo così l’accessibilità diventa un processo in divenire e non obiettivo isolato.
Un piano fine a se stesso rischia di rivelarsi inadeguato se non è parte di un’azione politica promossa dall’amministrazione cittadina, concretamente impegnata attraverso un ufficio, uno staff qualificato e un programma di governo del territorio.
In queste iniziative vanno necessariamente coinvolte le persone con disabilità, attraverso le associazioni che le rappresentano, ovvero gli esperti della materia, e il tutto deve essere guidato da una cabina di regia.
Ma, insisto, se per realizzare la città accessibile non si coordinano tra di loro tutti i settori che in un’amministrazione realizzano progetti su servizi urbani, trasporti, strade, edifici pubblici e verde pubblico, queste attività rischiano di non essere pienamente efficaci.
Esempi di Piani per l’Accessibilità
In Gran Bretagna
(Accessible London: achieving an inclusive environment)
In Finlandia
Piano accessibilità di Helsinki (The City of Helsinki Accessibility Plan)
In Italia
P.E.B.A. (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) di Venezia
P.E.B.A. (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) di Mestre
P.E.B.A. (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) di Ravenna
Piani per l’Accessibilità in sei comuni della provincia di Pistoia
Esempi di Servizi e Uffici specializzati
Ufficio EBA – Eliminazione Barriere Architettoniche a Venezia
Servizio “Città per tutti” a Venezia
LabAc – Laboratorio di Accessibilità a Trieste
Esempi di Itinerari accessibili
Venezia Accessibile. Itinerari senza barriere
Itinerari accessibili a Milano