Far conoscere i buoni esempi di abbattimento delle barriere è un atto di altruismo verso la società, in quanto essenziale per chi studia soluzioni idonee a perseguire l’obiettivo dell’accessibilità, a scala urbana o metropolitana.
Per studiare come risolvere un determinato problema, se non si ha già la soluzione nel proprio bagaglio di conoscenza, è utile vedere come altri hanno affrontato e risolto casi analoghi.
Un architetto può fare ricorso alla manualistica, ai corsi di aggiornamento, al consiglio di un collega o di un esperto, ma più è grande la scala di riferimento e maggiore diventa la complessità della ricerca, aumentano i parametri, i vincoli, si diversificano i metodi.
Per un amministratore preposto alla pianificazione, alla definizione di strategie e politiche di sviluppo della città, il livello di comprensione tecnica e giuridica richiesto è ben diverso.
In entrambi i casi, non si tratta di reinventare la ruota ogni volta ma molto spesso è sufficiente ampliare i propri orizzonti culturali e valutare su scala urbana le soluzioni adottate nelle altre città in Italia e nel mondo.
Scopriremmo che in molti casi le soluzioni ricercate sono già state trovate ed adottate da qualcun altro, altrove, e quelle esperienze potrebbero anche darci una nozione dei pro e dei contro. Starà poi a noi adottarle e adattarle al nostro caso.
Vale il principio su cui si è basata l’evoluzione della società umana nel corso dei millenni, ovvero che “l’iniziativa degli uni libera le energie degli altri”.
Pensiamo ad una grande area pedonalizzata urbana, che se non viene progettata anche in relazione delle esigenze di chi ha limitazioni motorie o sensoriali diventa più un problema che una risorsa; al sistema dei trasporti pubblici con l’accessibilità dei veicoli e dei terminal multi funzionali; alla fruizione delle opere d’arte per chi ha limitazioni visive, o come rendere comprensibile uno spettacolo teatrale per chi non sente o non vede.
In molti casi, dalla presenza di una barriera all’accesso urbano nasce la necessità di abbattere le barriere culturali e aprire il proprio orizzonte affinando la capacità di fare rete a livello di decisori, esperti e tecnici, per dare e ricevere informazioni utili a generare la soluzione più idonea.
Su questa strada si sono incamminate già diverse città europee, in particolare quelle che fanno parte della rete europea “Eurocities”, nel gruppo di lavoro “Barrier-Free City for All“.
Ma ritengo che anche noi architetti di Roma potremmo fare scuola in tema di accessibilità e diffondere a nostra volta le buone pratiche già adottate, come l’accessibilità del Colosseo, dei Mercati di Traiano e più di recente di una porzione dei Fori Imperiali.
Un esempio concreto di come possano liberarsi idee ed energie di rinnovamento urbano nella logica dell’accessibilità lo troviamo nell’esperienza del concorso “Access City Award” , promosso dalla Commissione Europea, che dal 2010 ad oggi ha premiato 32 città, considerate le più meritevoli per le iniziative avviate sull’ambiente urbano e gli spazi pubblici, il trasporto e le infrastrutture, le informazione e la comunicazione (ICT), le strutture pubbliche e i servizi.
“Access City Award” ha dato rilievo al tema della città accessibile e inclusiva diffondendo i buoni esempi e le politiche che hanno prodotto i migliori risultati.
Per Roma, come per molte altre città, è arrivata l’ora di accettare la sfida al cambiamento nel segno dell’inclusione, sia traendo spunto dalle esperienze già maturate altrove che mettendo a fattore comune le buone pratiche generate dalla nostra iniziativa.